American graffiti ‘70: soffiando lieve nel vento, di corsa | StampToscana

2022-10-08 21:54:10 By : Mr. Jack Huang

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Firenze – Dopo le grandiose “cattedrali” ( Magnolia, Il Petroliere, The Master), piene di sotto testi e riferimenti biblici inquietanti , quest’ultimo delizioso film di Paul Thomas Anderson (PTA) sembra frequentare territori contigui al suo  Punch/Drunk /Ubriaco d’amore di 21 anni orsono (2001). Solo che – per parafrasare  un celebre film di Martin Scorsese –  avevo dapprima pensato  che “Alice non abita più qui”, 1974 .

Ma osservando meglio rettifico: ”Alice non abita più lì”, ma in L.P. c’è ancora, eccome, vuole ancora stupirsi e stupire. In altra forma, ma per nulla sbiadita. Anzi.  Perché 21 anni da Punch Drunk  non sono passati invano per PTA . Che oltre alle “cattedrali” menzionate, ha avuto modo, ordendo la raffinata trama del Filo nascosto , di andare molto più avanti  nello  scavo  della complessità e chiaroscuri dei sentimenti. Sdipanandoceli poi  sullo schermo con fulminanti  immagini cariche di emozione e bellezza, ma anche ricche di sensi profondi. Che sedimentano dentro.

Questo va detto per offrire un  punto di vista molto meno effimero rispetto a chi ha visto L.P. soprattutto  come un’ autentica  delizia per gli occhi , puro cinema da godere nelle sue eleganti riprese, piani sequenza e un’ ininterrotta esaltante  playlist sui primi ‘70s, ridipinti dal PTA touch.

E  a prima vista Alana Kane e  Gary Valentine potrebbero aver dato l’impressione, nelle loro inadeguatezza, di una coppia da McGuffin , per mettere in moto e cucire la sequenza di una cavalcata di motivi dei primi anni ’70 . Personaggi/maschere che dovrebbero la loro esistenza solo all’interno di un film che traspira invece da tutti i pori la felicità creativa di legittimarsi come puro cinema di per sé .

Un personalissimo American Graffiti di PTA,  anche se  – a differenza delle esperienze in prima persona di Lucas nell’originale A.G. in cittadina californiana 1962 , come di Fellini in Amarcord sulla sua Rimini  anni 30, e dello stesso Branagh nella sua Belfast estate-autunno ‘69  – il ns autore aveva appena 3 anni all’epoca di questa sua originale reviviscenza 1973-74 made in L.A.

Riporto in proposito brevissimi frammenti di due ottime recensioni su Cineforum, con micro-postille n.d.r. in corsivo, un po’ per celia, un po’ per schiudere un minimo confronto.

Roberto Manassero,1 : Licorice Pizza non serve a niente, non dice niente, se non            ricordare perché si fanno film e perché si guarda il cinema: per credere nel mondo, per      entrare in mondi  credibili, per conoscere l’idea di possibilità  (è detto benissimo, ma diamine, hai detto nulla! Eccome se  L.P. dice e serve : Tanta roba, e fondamentale! Lo affermi tu stesso, concludendo! No ? ;  n.d.r).

Manassero 2 : A. e G. sono creature vive, conflittuali, agitate, in costante movimento, eppure inchiodate al loro aspetto sempre identico – Possono esistere solo su uno schermo, in un mondo realistico ma immaginario  (ma se lo vedi ‘realistico’, non ha allora una sua potente verità nell’identificazione universalistica che trasmette in tanti spettatori ? (Cfr. a seguire la collega Zuccari , sempre in  Cineforum  n.d.r);

Chiara  Zuccari, Cineforum 3 : La realtà deve essere speranza. Non si può parlare di coming of age, teen movie. Anderson punta all’universalità della vicenda, al dolce ammonimento.

Non è un racconto di formazione, non è una storia romantica. È una riflessione sulle esperienze, sulle occasioni perdute e (forse) raggiunte nuovamente, è il malinconico affresco di un rimpianto che può distruggere l’esistenza. ( Molto bello e profondo: L.P. ha una dimensione  universalistica,  oltre che di formazione e d’amore, che pure ci sono, à  la PTA touch,  n.d.r. ) 

A parte le tre  micro-postille n.d.r.,  è impossibile non concordare  con tutte le belle cose qui accennate .

Tranne che per  la prima frase di Manassero 2, troppo assertiva , apodittica su A. e G. per cui essi “rimangono inchiodati al loro aspetto sempre identico” . Ma ne siamo proprio sicuri, chiedo intanto a me stesso ?

Riguardando attentamente il film, soffermandosi meglio su viso, sguardi, espressioni, posture dei due ‘eroi’ , tracce dinamiche dei loro stati d’animo, un invito sommesso  a  verificare ciascuno che A. e G.  non risultano affatto sempre identici , ma vanno proprio in crescendo, come titolato ad hoc. Non c’è verso:  i due crescono, ed evolvono, con le loro contraddizioni, conflitti, età, “umani, troppo umani”. Ma crescono, eccome ! Nel percorso del film in chiari tratti e  anche in un filo nascosto tutto loro.

Prima di Gary- anche lui notevole promessa (il 19enne Cooper Hoffman , figlio d’arte, del grande Philip Seymour Hoffman,  attore feticcio di PTA e di altri registi eccelsi  fino alla morte prematura)  – prendiamo intanto Alana. Al secolo  Alana Haim, anni 30, musicista, cantante del trio Haim Sisters , mai calcato un set prima d’ora.  Scoperta straordinaria di PTA, e della sua capacità di annusare a vista un “animale  cinematografico di grana preziosa” e attivarlo subito al meglio. Intanto la vediamo ripresa per la prima volta , solo di spalle , ed è un bel vedere, e senza l’ancheggiare clamoroso alla Marylin. Qui di Alana si inquadra discretamente , in piano medio, un aggraziato moderato lato b rivestito da candida minigonna jeans , non ascellare, due gambe ben fatte, non chilometriche, per nulla abbronzate , su bianchi castigati sandali a mezzo tacco, piuttosto agee: alla fine, nelle note-dolci-in-dolenti di Nina Simone in July Tree , il procedere di A. è altrettanto indolente : una giovane donna in abbottonata camicetta celeste, che incede fluida e calma, armonia naturale e sincrona tra lieve ondeggìo crine-castano-lungo-liscio e franche lente falcate. Poi la mdp la riprende di lato, ne scorgiamo anzitutto il naso lievemente aquilino. Gli occhi piccoli, senza un filo di trucco, li strizza per guardare meglio, ha la bocca semiaperta, sta cercando qualcuno, scorrendo una fila di ragazzi, in mano pettine e specchio, ripete “Gary”, e ne viene improvvisamente contrata, dalla di lui goffa mole. Non fu un incontro, ma un scontro. Il primo di una serie.

Il lead è quello di A. assistente del fotografo di scena che cerca G. per prepararlo a un provino , giacché lui sarebbe un giovane attore in erba ( ha solo 15 anni).  Qui mi permetto di aggiungere che PTA ci pennella /addita  in due tocchi leggeri  background e  tedio malcelato di A.,  e però, vedremo subito dopo, pure capacità  autoironica , senso del comico, di farsi stupire e  sorridere  a un simpatico buffo “cazzaro” come Gary . Che  diventerà poi la sua vera finestra per sorridere al mondo e alla vita. Pura sapienza antropologica da immaginazione cinematografica. Anche se a queste parole PTA mi mollerebbe un ceffone come Nanni Moretti alla povera Mariella Valentini in Palombella rossa.

E che Alana sia tutt’altro che un manichino lo vediamo fin dalla scena successiva in cui Gary le dichiara amore immediato e voglia di sposarla. E intanto la invita a una pizza. Alana lo guarda come una, minacciata da panico-trent’anni-alle-porte , guarda un moccioso :  “Ma ce l’hai i soldi per invitarmi a cena , ma come la pagherai la pizza?” gli dice tra bonaria e divertita, e quando Gary ribatte, prendendola in castagna : “Ma ripeti le cose sempre due volte?”, dischiude, il suo primo sorriso. Dolce e contagiosamente  seduttivo. Alana è la coscienza sempre vigile di questa strana-coppia- mai-accoppiata. Il suo sguardo è disincantato fin da subito, e ben consapevole: “Ecco come finirebbe, tu in giro per il mondo già ricco a 18 anni, a  fare carriera d’attore. Io invece rimarrò sempre qui a fare l’impiegata, e tu mi avrai già ben dimenticata, è così!”.(“Però sei dolce”, sussurra, un soffio).

Alana è una ragazza di piccola borghesia ebraica, pochi orizzonti , scarsi strumenti sociali e culturali. Senza autostima coltivata. Ebrea, meglio un’intelligente ragazza ebrea. Ha l’adattamento nel sangue. E cerca di migliorarsi e impara in fretta. Ha orgoglio e inventiva e lo dimostrerà nei momenti cruciali. E’ naturale si senta lusingata da Gary, dal suo sguardo languido con cui  la fissa, perduto.  E’ anche naturale che in aereo, mentre sono in viaggio verso lo show  a New York  di Gary (la madre , che è anche  sua  p.r., non può esserci e si chiede ad Alana di fungere da tutor per lui minorenne) che intanto fa subito il lumacone con la hostess, abbia un moto di fastidio, una gelosia da donna, piccata. E lo ripaga subito col collega di lui, Lance, più grandicello , bassino, dal bel visino, occhi cerulei.

E  se lo porta mano nella mano la sera per  presentarlo ai suoi. E ora il pendolo del rosicare tocca a Gary, che li guarda non visto, dalla macchina parcheggiata della madre , di fronte a un hamburger che gli va di traverso. E qui c’è poi un’altra strepitosa trovata  della cena a casa dell’intera famiglia Haim. Il padre rabbino con la kippah a capotavola , A. e Lance da un lato,  dall’altro  madre e  sorelle maggiori. Assieme ad Alana nella vita formano un trio rock molto cool in Usa, le Haim Sisters, e PTA le mette in scena  tutte tre assieme ai loro genitori. In realtà questo serve a delimitare con eleganza e colore il campo, il territorio off limits in cui Alana  può inizialmente muoversi in famiglia : un boyfriend ebreo e praticante, Lance sì circonciso, ammetterà poi, ma dichiaratamente ateo senza compromessi. E questo fa saltare sul nascere l’eventuale alternativa all’impresentabile Gary , 15enne che per giunta è un goy wasp.  Ed è grasso. Un autentico fat-funny-boy. Anche se ha una vena di follia così sfrontata e allegra , travolgente e pura,  che in qualche modo la intriga.

Nell’intermezzo c’è , in  tarda serata , il delicato sottile e geniale montaggio parallelo delle due telefonate reciprocamente silenti, anonime, ma in cui i due  cercano e trovano misteriose conferme nello scambiarsi  solo il respiro profondo dall’altra parte del filo.

E comunque – fin dall’esordio all’interno dello show room, luogo di promozione dei materassi ad acqua in cui la coinvolge – Gary  tempo un minuto è bell’e ammanettato e ficcato in auto della polizia, per errore di persona; e già qui Alana ha una fitta al cuore, teme di perdere uno cui tiene molto, è un insight , corre a perdifiato fin sulla vetrata della stazione di polizia. Da lì mima disperata a G., giacché il vetro scherma ogni voce, gesti nervosi perché teli subito via. Ma Gary è già smanettato, è fuori ormai, si abbracciano forte, niente baci né carezze, corrono via raggianti e complici sorridendosi nel sole sulle note di But You ‘re Mine di Sonny & Cher( la cui cover italica è Ragazzo triste di Patty Pravo).

E’ la prima d’ una serie di corse e rincorse di uno verso l’altra, di una contro l’altro. Di nascoste gelosie reciproche,  scambi di appellativi  definitivi di rottura, un’alchimia e magnetismo irriducibili che solo alla fine si scioglie ,malgrado tutto e tutti.

Nel frattempo Gary rimonta in fase one up , giacché flirta nello show room con una moretta carina e ci limona pure.  Con A. che subisce in silenzio e rosica molto. Anzi è così sconvolta che esce e bacia furiosamente in un lampo il primo traballante ubriaco che gli capita a tiro, lungo il muro, e in un lampo  gli sparisce poi via come una falena nella notte.

Ma A. riparte in contropiede, siamo alla fase Sean Penn / Jack Holden,  star ormai bollita che ammalia Alana dicendole che le ricorda Grace Kelly e le propone una replica, su una moto 1000  cc , della scena del salto nel cerchio di fuoco con Alana-Kelly/ Rainbow , abbracciata in retrosella  a lui,  che già fa rombare il bolide. Nemmeno finisce di dire a, che Sean/Jack, nel suo delirio narcisistico, se l’è già persa, dimenticata, volata via allo start come una cartina di cioccolatino ingoiato : è anche questo un piano- sequenza memorabile con Tom Waits regista folle e bollito anche lui, che qui gioca alla Sam Peckinpah, e che ha allestito sul campo da golf vari fuochi, sempre  più alti, per il beau geste di Penn/Holden. È l’inizio della fine dell’età dell’innocenza di Alana / attrice immaginaria, cultrice di frasi e miti hollywoodiani.  Alana è  brutalmente, e anche metaforicamente, atterrata , discaricata come un rifiuto, cade rovinosamente, di schiena incoccia pure la chitarra che aveva a tracolla per essere Rainbow/ Grace, forse batte anche la testa, nessuno si accorge di lei, solo Gary corre a perdifiato per soccorrerla, e lei , nella notte, smarrita, dolorante, sotto shock  ‘afferra’  che G. è l’unico essere a soccorrerla , “a dargli qualcosa di amorevole sul palmo della mano”, come attaccherà a cantare  tra un attimo Paul McCartney e i suoi Wings in Let me roll  it . Ma non è affatto una scena da fotoromanzo, non suonano i violini, solo un vis a vis in cui si guardano intensi, sconvolti, tremuli l’un l’altro, non si toccano mai, né dicono niente . Ma si dicono molto. E allora partono le batteria e le chitarre acustiche di Let me roll it, , e ancora li accompagnano quando spauriti, reggendosi l’un l’altro, vanno via ignorati, e già accorrono camion antincendio a sirene spiegate per le fiamme divampate ad alimentare la surreale grottesca scena di Waits/Penn/Holden.  E mentre esausti si gettano di schiena sul materasso ad acqua, che hanno infine riguadagnato come primo porto sicuro e familiare, questa volta solo loro, anche McCartney sembra ora cantare solo per Alana “m’hai lasciato qualcosa di amorevole nel palmo della mano” e per Gary “il mio cuore  ora è una ruota, lascia che lo faccia rotolare fino a te”, ma  lei è già assopita , anzi è crollata di schianto,  lui ha l’impulso di toccarle il seno, ma si ferma delicatamente a un cm., impone al desiderio di non volere rubare nulla al sonno di A.,  si rivela in quel momento un uomo sensibile consapevole, sta crescendo anche lui, anche se avrà ancora da smaltire le sue brave scorie e défaillance da adolescente. Rimangono così, nella luce soffusa del salone deserto di notte,  solo le silhouette delle loro braccia penzolanti, a sfiorarsi. Quasi.

Ma il giorno dopo Alana è già andata oltre, un altro salto di qualità  la mattina,  leggono i giornali nel caffè attiguo : lui un free-press  pieno di pubblicità hot e di scambisti, lei invece concentrata su The Post che in prima pagina annuncia la crisi mondiale dell’embargo del petrolio contro l’Occidente, dopo la Guerra del Kippur dell’ottobre 1973 tra Arabi e Israele. Alla televisione Nixon parla dell’apertura USA alla Cina che sta portando grandi vantaggi in un momento cruciale come l’attuale congiuntura planetaria.  Alana sarcastica si rivolge a Gary chiedendogli se ha capito qualcosa di ciò che sta succedendo nel mondo,  osservando che pure il business dei materassi ad acqua cesserà perché anch’esso, come il vinile, è derivato dal petrolio.

Scatta  Life on Mars ? di Bowie, con Gary che saltabecca tra cimiteri di auto ferme senza carburante e lui che urla euforico “è  la  fine del mondo” e il personaggio di A. continua a crescere ancora. L’acme di questa prima fase si tocca  con Bradley Cooper, fidanzato di Barbara Streisand, e sexual addicted. Ha ordinato al team-Gary- Valentine diversi materassi ad acqua per la sua villa. Vanno tutti col camioncino guidato da Alana, perché gli altri 3  sono under 16. Bradley, cameo formidabile sopra le righe , apostrofa Gary minacciandolo di sodomizzare e poi strozzare lui e i suoi familiari qualora gli combinassero in sua assenza casini vari in villa. Gary gli tiene testa laconicamente e con personalità,  ingoia, ma sta già pensando di fargliela pagare. E lo farà.

Ma qui è importante seguire ancora Alana : è sul muretto mentre ascolta Bradley con Gary, fare apprezzamenti su di lei (è tua sorella ? no, tua girl-friend, no,  mi fa impazzire, sai? ) :  A. trascolora ora da un momento all’altro in tutte le varie gamme espressive. Passa dalla curiosità di ciò che orecchia defilata, a un lieve sorriso lusingato , subito sfiorato da disincanto. Tutto con due-tre sguardi e increspature di labbra.  Alana “non si può dire proprio bella a prima vista”(come Sonny& Cher ci hanno già cantato), ha un viso allungato, occhi di taglio piccolo e ordinario. Naso aquilino, molto ebreo e glielo fanno notare spesso, anche se come un must di moda. Dentatura un po’ irregolare e  bocca piccola :  ma quando la dischiude , il sorriso e lo sguardo fanno annegare in un lago di dolcezza e malinconia. Quando si posano su qualcuno ,  gli occhi blu scuro alla luce diventano  grigi, d’una gatta sorniona, c’è qualcosa in lei, energia, aura, che attrae gli esseri umani d’ogni genere ed età.

Lo sguardo di Alana poi nella lunga sequenza del camion a retromarcia in folle per le colline della San Fernando Valley è  ancor più da cineteca , e trasmette tutte le varie gamme d’un action movie. E’ l’unica capitana al timone d’ una nave/camion di under 16, che sta affondando/deragliando da un momento all’altro.  All’inizio e durante tutto questo lungo estenuante trip,  in-retromarcia-in- folle,  lo sguardo di A. è sbarrato, nella tensione e concentrazione della manovra. Alla fine, quando sono finalmente in porto, Gary e i suoi compagni saltano giù eccitati ed euforici per le miracolose prodezze  di A.: in quel momento sono solo tre quindicenni che , ripresi in silhouette mimano con la tanica di benzina a tubo lungo incorporato, atti sessuali immaginari. Sono solo classici ragazzini “cazzoni” (direbbe Tarantino) o bischerelli, alla toscana. Life of Mars? ha continuato ininterrottamente a contrappuntare il tutto, dalla scena primaria dell’apocalisse d’auto de-benzinate  a questo fine ‘viaggio’.

Alana invece ora  siede appartata  in silenzio “sul ciglio della strada”, come il Bufalo Bill di De Gregori, “a contemplare l’America-diminuzione dei cavalli-aumento dell’ottimismo”, e  -assalita da stanchezza di vivere e svuotata per l’assurda prova cui è stata costretta-  improvvisamente è come se anche a lei  (alla pari  del 50enne Bufalo Bill de-gregoriano) si “presentassero i suoi 30 anni prossimi venturi”. Li guarda ancora con fastidio. Gli anni . E i bischerelli. Che ci faccio  ora io qui con questi , si sente ridicola, come sono arrivata ad ingaglioffirmi così , pensa a capo chino.

E decide che è ora di cambiare verso.  Stacco, ora mesi dopo Alana è nello staff del consigliere comunale emergente , Joel Wachs , giovane di belle speranze, con una luce un po’ folle nella  faccia  glabra dagli occhi azzurri sgranati. Lei è l’anima efficiente, appassionata  e fantasiosa dell’ufficio stampa e dell’organizzazione  elettorale del candidato sindaco , ambientalista, “nuovo”, riformatore, diritti umani, minoranze, inclusione,  “diverso” dagli altri politici.

Lei a questo punto sembra marcatamente on up con Gary, che c’è  pure lui nel quadro,  ma messo all’angolo – per la prima volta sulla scena non è affatto un protagonista, solo manovale del suono , aggeggia con casse e fili dell’altoparlante per la conferenza stampa del candidato. Ha sguardo abbassato, mogio, smarrito. Di chi sta crescendo, col senso del limite, coi primi pesci in faccia, rispetto alle sue velleitarie intraprese. E’ preoccupato , gli occhi parlano, soprattutto perché vede A. sfuggirgli via, un ritmo di marcia per lui inavvicinabile. Ma è un attimo, sono soli ora nell’ufficio dietro due tavoli che si fronteggiano, con un telefono ciascuno. Lei lo provoca, sempre sarcastica “ Stai facendo quello che penso? Ma davvero lo stai facendo?” ,” “Incredibile!” – continua a voce alta- “qui dentro si sta cambiando il mondo e la gente, e questo invece briga per distribuire volantini  per un coffee-music-bar-flipper”  (giacché , finito il proibizionismo, ora tirano forte). “Ma non ti vergogni?” No ; e , quando lo vede prendere in mano un pacchetto di  Philip Morris , lo deride “ ma se appena ne aspirerai una, vomiterai l’anima, dai !”.  Lui calmo se ne accende una alla Bogart ( o meglio alla Verdone in Borotalco), si siede sul tavolo di lei , aspira bene , e le getta lentamente volute di fumo ad arte sul viso.  Il pendolo della gelosia torna adesso a favore di Gary… Ma…

Ma l’ultimo quarto d’ora è impossibile da rendere,  se non vivendolo, altre magie, colpi di scena,  disillusioni per l’uno e per l’altra, altri momenti di cinema geniale e sottile . E infatti rispunta il motivo musicale ufficiale del film, che aveva accompagnato all’inizio della storia la  prima passeggiata dei due nel viale di sera,  disputanti ancora sul numero telefonico di lei , strappatole da G. a memoria, con una cifra sbagliata, ma da lei corretta, per non perdere l’aggancio , anche se metteva subito  tutte e due le mani avanti ( “Non siamo fidanzati, ok? E non chiamarmi molto, ok?”,  “E  Smettila!” –E di cosa?-  “ Ti sento respirare!”).

Il motivo è  titolato proprio Licorice Pizza, del prestigioso compositore polistrumentista , John Greenwood , autore pluripremiato delle colonne sonore degli altri film PTA, Il petroliere, The Master, Vizio di forma, Il filo nascosto , oltre che de Il potere del cane di Jane Champion . Inizia solo con lievi accordi di piano, incerti e rarefatti come un sentimento di cui ancora  non si sa  “quant’è difficile scorgere l’alba dentro l’imbrunire”; poi poco a poco  emerge l’insieme di archi e violini, che seguono in crescendo le corse finali  di  Alana  verso Gary, e viceversa, da punti ben diversi della città, ben lontani l’uno dall’altro, e in un momento in cui credono di essersi persi per sempre.  Non funziona a volte così nelle choses de la vie ? E non funziona a volte  così anche tra due tipi molto imperfetti, inadeguati, accumunati però da generosità interiore e purezza di sentimenti, così veri e forti da averne  pudore anche alla fine del film?

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